
Immerso nel cuore di Ortigia, l’antico Palazzo Bellomo offre ai visitatori un autentico viaggio nel tempo, permettendo loro di vivere in prima persona l’evoluzione dell’arte siciliana dall’epoca bizantina fino al XVIII secolo. Questo edificio storico ha assistito al susseguirsi delle epoche: dalle sue origini sveve del XIII secolo, alle modifiche apportate durante l’epoca aragonese dalla famiglia siracusana dei Bellomo, fino alla successiva integrazione con il Monastero di San Benedetto nel 1725.
Dell’originale Palazzo Bellomo restano ancora evidenti la muratura a filari di piccoli blocchi di pietra squadrati, alcune stanze del piano terra con le volte a crociera e le grandi fosse a campana utilizzate come pozzi o granai. Nel XIV secolo ebbe inizio il processo di sopraelevazione dell’edificio. Nella prima metà del XV secolo, l’influenza catalana si manifestò attraverso l’inserimento del portale gotico e l’apertura di monofore nel primo ordine del prospetto. Al piano superiore furono aggiunte bifore e trifore, mentre all’interno fu costruita una scala scoperta che si affaccia sul cortile porticato, coronata da un arioso loggiato. Il Cortile delle Palme, invece, venne realizzato durante gli ampliamenti del XVIII secolo, quando Palazzo Bellomo fu integrato con il vicino Palazzo Parisio, formando un unico complesso architettonico.
Oggi, la Galleria Regionale di Palazzo Bellomo rappresenta un’oasi d’arte nel cuore di Ortigia, ospitando collezioni d’arte medievale e moderna disposte secondo un criterio espositivo cronologico. Nell’ampio salone quattrocentesco, caratterizzato da eleganti trifore nella parete meridionale e dai resti di un imponente camino, si trova il gioiello del museo: l’Annunciazione di Antonello da Messina. Quest’opera, una delle più emblematiche dell’artista, esprime un equilibrio maturo tra la visione analitica della pittura fiamminga e la prospettiva geometrico-luminosa della scuola italiana.
Questa opera non è solo leggendaria per il suo valore artistico, ma anche per la sua affascinante storia. Realizzata dal maestro siciliano nel 1474 per la chiesa della Santissima Annunziata di Palazzolo Acreide, l’opera andò perduta fino alla fine del XIX secolo. Solo nel 1903, dopo la scoperta del documento di commissione, venne confermata l’attribuzione ad Antonello. Acquistata dallo Stato, l’opera entrò a far parte del patrimonio museale di Siracusa e poi del Museo Bellomo. La storia del suo restauro è altrettanto affascinante: inizialmente dipinta su tavola, l’opera fu salvata dal grave degrado rimuovendo la pellicola pittorica dal supporto in legno, ormai deteriorato, e applicandola su una doppia tela. Quest’operazione ha lasciato aperto il problema della reintegrazione delle lacune, che nel tempo sono diventate parte del fascino stesso del quadro.





