
Per raggiungere questo luogo d’incanto dell’entroterra siculo, resterete incantati dai tornanti che danno una visione d’insieme di una natura “viva”, palpitante, che si ammira a perdita d’occhio, per poi, finalmente scorgere il Maniero, avvolto da un’atmosfera d’altri tempi. Le prime notizie che lo riguardano risalgono al 1160 e vedono storia e leggenda intrecciarsi indissolubilmente. Il nobile Matteo Bonello, uno dei suoi primi proprietari, era nemico irriducibile del Re Guglielmo I detto “Il Malo”, e utilizzò il Castello di Caccamo, assieme ai suoi compagni, come rifugio, dopo il fallimento della “congiura dei baroni”. Nella notte dell’11 novembre del 1160, infatti, Bonello e i congiuranti tesero un agguato a Maione da Bari, primo ministro del Re, uccidendolo e tenendo in ostaggio Guglielmo I. A far fallire il piano ci pensò il popolo che, spaventato da quel tumulto, si schierò col sovrano, liberandolo, rimettendolo sul trono e, di conseguenza, costringendo Matteo Bonello a rifugiarsi nell’inespugnabile maniero di Caccamo. Protetto dalle possenti mura, il nobile penso di r sfuggire alla vendetta, ma questi, giocando d’astuzia, lo invitò a corte con la promessa del perdono. Il “traditore del Re”, così era visto, caduto nella trappola, venne incarcerato e sottoposto a terribili torture: gli furono cavati gli occhi e recisi i tendini, morendo alla fine per inedia.
Si narra che, da allora, il suo fantasma vaghi irrequieto tra le sale del castello, principalmente in quella nota come “salone della congiura”. Alcuni avvistamenti lo hanno descritto vestito con abiti d’epoca, pantaloni e giacca di cuoio, trascinarsi con fatica e col volto deturpato. In una stanza, a quanto pare riservata agli ospiti meno “graditi”, vi è ancora una piccola cappella, ma la curiosità è che, davanti al piccolo altare, è visibile una botola che, si narra, venisse aperta e utilizzata per eliminarli. Queste truci leggende, che hanno pur sempre il loro fascino perché specchio di una Sicilia inimmaginabile oggi, si diradano grazie ad una vista mozzafiato che si gode dalle terrazze del castello che abbracciano le verdissime colline dell’entroterra fino all’azzurro mare di Cefalù.
Il Castello divenuto, poi, proprietà della nobile famiglia dei Chiaromonte che lo ampliarono, fortificandolo ulteriormente, dal 1302 al 1392, resistette agli attacchi aragonesi. Altri lavori vennero ordinati da Giacomo De Prades, che fece costruire alcune torri, scuderie, un salone per le udienze e un grande salone per le armi. Nel 1400, al suo massimo splendore, Giovanni Alfonso Henriquez, Viceré di Sicilia, consegnò a Caccamo il suo “Stemma”, una testa di cavallo, che un tempo, si narra, fosse di Cartagine, con l’aggiunta, però, delle tre gambe, il Triscele. Come in ogni storia, dopo la grandeur, il declino, con il terremoto del 1923 che provocò una serie di crolli in varie aree.





